Odissea » Ignazio Apolloni

OMAGGIO AI POETI AMERICANI VENUTI A CERCARE – ANCHE LORO -LE ORIGINI SICILIANE DELL’ODISSEA

IN MARGINE AL RECI TAL DI SELINUNTE di Ignazio Apolloni

Io non so più cos’è un poeta.

In un mare di fango, di arcobaleni estinti, di acquitrini frequentati dalle amebe ruggiscono i leoni dalla rabbia di sentirsi prigionieri in una gabbia, s’acquattano indifferenti i lupi alla carneficina, addolciscono i loro sogni le zanzare solo dopo avere eroso il primo dei tabù, avere partorito insetti come loro.

Se i Feaci fossero navigatori solitari, troverebbero nella isola brandelli di memoria, cespugli di lavanda, antichi suoni modulati dal vento della sera, atmosfere arcane per quell’ esserci state senza sapere più dove trovarle.

Scendono dalle loro galere i predoni della storia, dromoni caricati di burrasca; vergini territori attendono la prima violenza, oscuro è tutto ciò che li circonda, dai sogni circospetti alla lingua tagliente di quel branco. Osanna a Giove, al profeta di sciagure. Cassandra, seduta in un Cassero ridacchia beffardo, morde la mànica del proprio manto, sibila presagi come fossero noccioli di burro.

I a brezza comincia a levigare asperità e rumori. Il silenzio cala sulla cresta del cielo. Le tende confinano all’esterno la libertà dai grilli-ammutoliti. Tutto è sotteso pensiero di cattivi incontri un pullulare di destini incrociati, un alitare di fiati pesanti, alcuni alimentati dall’angoscia d’essere stati strappati ai luoghi dell’inconscio altri semplicemente espressi da un respiro senza pena. Guardate laggiù le barche, remi avvolti nella tela, l’aruspice indovino, maledetto, quel suo ciarlare ai gabbiani al mistero di un volo nella fantasia.

Cercate il mare immoto, il dolce dondolio di una chiglia sulla superficie? Affacciatevi da una roccia, precipitale lungo una là falesia,andate a raccontare agli abissi che i pesci si nutrono di alghe, che i venti sotterranei, le correnti, sono il frullo più evidente dell’esistenza delle sirene. Nessuno più di voi può dire dell’incantesimo del tempo, l’infanzia appena appena assaporata.

11 navigare, il brancolare nell’ovatta percezione di sentirsi amati, e quindi il trillo del telefono. il richiamo delia coscienza al fare e al dire, il ritrovarsi in un luogo deputato a parlare di Odisseo e Odissea.

Senza sapere neanche se tra i due ci sia stato un vero matrimonio.

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